Sette giorni senza pelle, 2018.
Azione relazionale
Fotografie analogiche (pellicola 120mm, stampa c-print e istantanee) cucite su t-shirts, misure ambientali.
Errori, mutamenti, ricordi, moti perpetui e relazioni. In questa installazione il tessuto diventa metafora della realtà tangibile della quotidianità dell’individuo, intessendo attraverso gli incroci delle proprie trame, la visione d’insieme della sua storia.
Inizia così Sette giorni senza pelle: un cammino tra cotoni, tessuti acrilici e fotografie fatto di avventure, soste e riflessioni che conducono la mente a porsi nuovi interrogativi esistenziali. Ma il viaggio non è solo incorporeo, diventa anche fisico nel momento in cui la curiosità stimola il corpo dell’osservatore ad interagire con l’opera, scostando più o meno delicatamente, le fessure dietro le quali si celano gli scatti. Proprio l’azione di aprire lo strappo rivela il cuore dell’opera, trasformando le fotografie in veri e propri organi dell’esistenza.
Risiede, in essa, anche un altro canale di riflessione che si completa al termine dell’atto espositivo: quello che inizialmente si presentava come un piccolo taglio, in seguito ai continui interventi che vedono la stoffa venire continuamente scostata, allargata e stressata nelle sue trame, diventa un insanabile squarcio che intende portare il fruitore a riflettere sul peso delle azioni dell’uno sull’esistenza dell’altro e sulla precarietà dei rapporti collettivi, invitando perciò a meditare su nuove concezioni di approccio con gli altri.