Giuseppe Loi
Vista dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
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Vista dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
Particolare dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
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Particolare dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
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Vista dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
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Vista dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
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Vista dell'installazione di "Senza titolo (jeans)"
Tecniche di seduta n.1, estate 2020.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
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Tecniche di seduta n.1, estate 2020.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
Tecniche di seduta n.2, inverno 2021.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
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Tecniche di seduta n.2, inverno 2021.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
Tecniche di seduta n.3, primavera 2021.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
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Tecniche di seduta n.3, primavera 2021.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
Tecniche di seduta n.4, autunno 2021.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
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Tecniche di seduta n.4, autunno 2021.
Azione performativa.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm.
Rosa beta, 2016-2021.
Senza titolo (jeans), 2020-2021
Prototipo per seduta nomade.
Jeans, fili e corde di canapa, 210x200 cm (ca. e cad), misure ambientali.

Tecniche di seduta, 2020-2021.
Azioni performative.
Fotografia digitale, stampa fine-art su carta cotone 300gr., 70x100 cm (cad.).

Rosa beta è il nome commerciale utilizzato per identificare la tipologia del granito estratto dalle cave del nord Sardegna. La trama caratteristica di questo prodotto è particolarmente fitta e carica di dettagli; sulla superficie frastagliata si estendono, infatti, piccole macchie irregolari di colore bianco, nero, grigio e rosa che appaiono ancora più evidenti e nitide al momento del taglio del blocco granitico che consente di ottenere un risultato ancora più chiaro e luminoso.
La morfologia del territorio dal quale questa tipologia di roccia viene estratta ha fatto sì che, in passato come oggi, essa diventasse una materia prima versatile da impiegare oltre che nel settore edilizio e nell’urbanistica, anche per attività artigianali dalla finalità più propriamente estetica. La conseguente ampia diffusione del prodotto granitico sul territorio d’origine ha stabilito così un certo ordine formale nei relativi contesti d’applicazione, dando vita ad un vero e proprio impianto estetico ben preciso e riconoscibile che non è eccessivo definire identitario. La sua presenza, così persistente e così diffusa, domina a tal punto il tessuto urbano ed extraurbano gallurese da assumere una forza ed una potenza quasi magiche e sovrannaturali, facendosi avvertire come una fortezza naturale che protegge i suoi abitanti.

È proprio su questi ultimi che il progetto sperimentale Rosa beta pone le sue basi, avviando un processo di analisi antropologica che, nella sua stratificazione di concetti visivi e performativi, si scinde in una progettualità binaria che, da un lato, mette in pratica un approccio pratico-teorico con l’azione performativa di Senza titolo (jeans) e, dall’altro, applica un criterio individuale-sociale con la sperimentazione Tecniche di seduta. Va specificato, però, che l’obiettivo finale è unico e mira, partendo dall’osservazione delle abitudini quotidiane inconsce delle persone, al raggiungimento di una presa di coscienza collettiva che possa rieducare gli individui all’attuazione di una nuova connessione tra individuo-spazio-natura. Tutto ciò partendo dall’analisi di una porzione di territorio non ancora antropizzato all’interno dell’area urbana che, solo istituzionalmente, non ha una configurazione precisa ma agli occhi della comunità che la vive incarna invece l’essenza della vita quotidiana del quartiere. Questi spazi diventano luoghi pregni di significato e composti da connessioni senza nome tra una città nuova ed una città vecchia, fautori dello sviluppo di una comunità sì frenetica, ma contemporaneamente anche rilassata e spensierata all’interno della quale i bambini non si stancano mai di giocare, gli anziani si riuniscono per chiacchierare e gli adulti riconoscono un luogo nel quale abbandonarsi al riposo dalle incombenze del quotidiano. È in queste piazze ufficiose, tra le forme indomate del granito di una periferia in continua espansione, che si scorgono le tracce degli individui che, anche nella loro effimera presenza, attestano la veridicità e la vividezza di questi luoghi oramai densi di memorie passate e, parallelamente, in trepidante attesa di azioni future.

Senza titolo (jeans) si presenta come un nucleo di sedute nomadi in continuo divenire, realizzate con jeans usati, fili di cotone e/o poliestere e corde di canapa. Il prototipo persegue l’esigenza di meditare su quelle azioni primordiali care all’individuo, come ad esempio l’atto del sedersi e dello stare fermi, molto spesso identificate come prive di significato ma basilari per comprendere appieno lo scorrere della vita. Quello su cui Senza titolo (jeans) ci spinge a riflettere è che l’opera in sé può diventare spazio di riflessione personale, perché siamo noi che ci sediamo al suo interno e sempre noi cogliamo un’occasione per prendere coscienza della vita. La rinascita stessa della materia con la quale le sedute sono composte, fa sì che questi oggetti si mostrino al pubblico come l’incarnazione di un passato che incontra il presente e apre le strade alla ricerca delle risposte più opportune per creare un futuro certo. Essendo il denim un capo democratico, cioè che appartiene a tutti e ci accompagna nella nostra vita fino al logoramento del tessuto stesso, l’oggetto può essere rifunzionalizzato e offrirci nuove possibilità di scelta e, perché no, nuove e svariate esperienze. È l’elemento simbolo dell’intervento di Arte sociale che vede l’esperienza individuale proiettarsi e amalgamarsi in un contesto più grande che è la collettività.

Tecniche di seduta gioca sul contrasto tra realtà e finzione, mostrando una fotografia nella quale la falsità delle azioni intraprese al suo interno sviluppa ed illustra la veridicità di un momento. Persistendo sullo studio delle azioni basilari degli individui, come ad esempio l’atto del sedersi e del riposarsi in determinati luoghi propri delle zone marginali di un paese, il lavoro riflette sull’accostamento tra identità contemporanea e salvaguardia degli spazi naturali non ancora antropizzati, presenti nelle entità urbane e sugli atteggiamenti che l’abitante di un agglomerato urbano attua all’interno di questi luoghi, a discapito di altri.

Senza titolo (jeans) e Tecniche di seduta risultano, dunque, due processi segnati da un approccio metodico diverso, ma con il medesimo obiettivo finale che li avvicenda e li accomuna sotto un’unica, grande identità che è Rosa beta: un percorso emotivo apparentemente individuale dove riposo, pace e riflessione diventano i punti di partenza verso un viaggio che ha come meta finale la riscoperta dell’abitare insieme.
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